IL CASO CICERO, GRIDO SCOMPOSTO DELLA MODERNITÀ

  • Rioma
  • 18/04/2014

di IRIS D’AURIZIO >

cicero_cancoes_de_apartamento_3Latino sì, latino-americano, Cícero è la nuova rivelazione del web brasiliano. Il 10 aprile è approdato a Roma per due concerti (“Beba do Samba” e “Tramjazz”) accompagnato da Bruno Schulz, il musicista (piano e fisarmonica) che ha scelto per il suo secondo e recente disco: Sabado (2013).

Ecco un’altra faccia del Brasile musicale: nessun cenno al samba, della bossa solo una citazione e al massimo qualche richiamo testuale, più che musicale, alla tradizione della Mpb. Sperimentazione e soprattutto, si direbbe, disagio.

Alle radici del suo stile c’è quell’alternative rock in voga dagli anni Ottanta che con i Radiohead ha raggiunto l’apoteosi. Chitarre distorte, sonorità metalliche, voce dimessa che a tratti sfoga, una malinconia lontana anni luce dalla saudade cantata a Ipanema o Copacabana. C’è poco, insomma, del Brasile a cui siamo stati educati. Anche quando, durante il concerto,  Cícero annuncia una bossa nova, sorprende per quanto poco di bossa ci sia tra le righe della sua voce e di una sanfona (fisarmonica) che procede lentamente sui toni psichedelici di una base in sottofondo.

Con una musica totalmente intima, Cícero parla di piccoli spazi comuni: i suoi testi non hanno alcuna ambizione intellettuale e spesso confluiscono in un nonsense che ben esprime l’incertezza di una ricerca, quella di trovare un posto nel caos sociale: “Meu canto é minha opinião sobre canto. Não sou um cantor, mas gosto de ouvir gente que canta assim, pra dentro, cuidando das intenções mais do que da afinação, da fragilidade mais do que da força. Isso me emociona mais, me puxa mais pro coração e menos pra razão”.

Nessuno scopo sociale, nessun bisogno di rinnegare il passato (vedi il riferimento a “Dindi” di Tom Jobim nella canzone “Pelo Interfone”), nessuna voglia di voler rivendicare un’appartenenza: solo una testimonianza, quella di essere dentro a un mondo globalizzato. C’è chi parla di nuova Mpb o Mpb moderna, ma in questo caso già solo citare “musica popolare” è tautologia: non c’è nulla di popolare, nulla di specificatamente brasiliano.

C’è un ragazzo ventenne che va via di casa e va ad abitare per conto suo a Botafogo (quartiere a sud di Rio de Janeiro). Seduto sul divano rosso della sua nuova casa comincia a comporre musiche che esprimono una nuova condizione nel mondo: nel 2011 nasce il primo disco, Canções de Apartamento, letteralmente un disco “fatto in casa”. Scaricabile gratuitamente dal suo sito, in poco tempo circola sul web, si fa sentire, e il video di “Tempo de Pipa” raggiunge un milione di visualizzazioni.

Dopo due anni dal primo lavoro pubblica Sabado, un disco mono-tono e monocolore: 29 minuti di musica ispirati all’atmosfera di un sabato pomeriggio, “que não é nem barro nem tijolo”, non c’è tristezza né allegria, solo uno stato di spirito. Parole che si susseguono senza  spesso senza neppure un filo logico, non c’è discorso, non ci sono riprese né ritornelli: solo un flusso di pensieri, la fotografia di un momento. Accanto a lui nella produzione Bruno Schulz e Bruno Giorgi e la partecipazione di validi musicisti.

“Si è fatto da solo” per lui vale. Forse la chiave del successo è stata proprio se stesso, la sua vita comune e spoglia in cui molti giovani si rispecchiano. La sua forza è stata non avere molto da perdere, non avere chi per lui ha investito soldi. E la musica? La musica è sincera, vi basti questo:

«Ma che importa? È venerdì, amore!» – così conclude il disco.

Lo ammette: stare al mondo è difficile, e non si tratta di pessimismo quanto di una constatazione. Sarà banale, scontato? Oggi Cicero è in tournée in Europa ed è riuscito a concretizzare la sua risonanza virtuale. Lo affermava il suo omonimo Cicerone: una vita senza musica è come un corpo senz’anima.

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