YAMANDÚ DALLE SETTE CORDE intervista

  • Rioma
  • 24/09/2013

Romina Ciuffa intervista Yamandù Costa >

Il più grande chitarrista delle 7 corde, quelle del suo Dna. Fronterista di una regione brasiliana di confine. Ha uno dei repertori più vasti che un musicista possa immaginare. Ha improvvisato “Nuovo Cinema Paradiso” al Beba do Samba con un 7 corde in grado di tenergli testa, Massimo Aureli. È un “riomano” doc: sua madre fa la polenta

È consumato un rito improvvisatorio, presente in corde non di chitarra: quelle del dna di Yamandù, nome che in tupi-guarani significa «precursore delle acque». Se a soli 6 anni in un bar di Maceió, lasciato da un familiare sul palco cominciò ad improvvisare “Marina” di Dorival Caymmi, oggi come ieri Yamandù Costa, dopo un volo Rio de Janeiro-Roma e un concerto esclusivo per l’Ambasciata brasiliana, prende in mano la prima chitarra che trova al Beba do Samba – la 6 corde di Giulia Salsone – per suonare con il pluricordista Massimo Aureli; quindi ritrova la propria 7 corde e suona a locale chiuso. È quasi mattina e, dopo un duetto con il brasiliano Zè Galia, rientra a Rio. Rioma presenta il più versatile delle 11-dita, che nasce a Passo Fundo il 24 gennaio 1980, nel Rio Grande do Sur, Stato brasiliano confinante a sud con l’Uruguay e ad ovest con l’Argentina, dettaglio geografico necessario per spiegarne il «fronterismo».

È nella sua casa di Botafogo, a Rio de Janeiro, che mi si spiega. “Provengo da una famiglia di musicisti: mia madre, la cantante Clari Maarson, e mio padre, Algacir Costa, leader del gruppo Os Fronteiriços. Ricevetti un’educazione musicale di tale portata che, quando mi accorsi di suonare, stavo già suonando. Fu tutto naturale per me: a 7 anni mio padre mi aveva già iniziato agli studi, poi fui affidato a Lúcio Yanel, virtuoso argentino trapiantato in Brasile che influenzò molto la mia formazione musicale, di frontiera per l’appunto”.

Ti definisci un «fronterista». Cosa intendi?
“Sono gaucho, provengo da una regione che subisce il fascino e l’influenza di molte culture. Sin da piccolo ho suonato musica uruguaiana, argentina, latino-americana, senza tralasciare la musica tradizionale brasiliana di choro, chorinho, samba, in genere tutta la musica popolare. Incantato dal grande mestre Radamés Gnattali poi, ho intrapreso lo studio di brasiliani del calibro di Baden Powell de Aquino, Tom Jobim e Raphael Rabello. Ma il mio repertorio non si ferma a loro.”

Dal sud del Brasile, come sei giunto a Rio de Janeiro?
“A 17 anni dal Rio Grande do Sur mi spostai a nord per esibirmi a San Paolo, nel Circuito culturale del Banco do Brasil, e fu lì che cominciò a tutti gli effetti la mia carriera: nel 2001 vinsi il premio Visa Edição Instrumental, uno dei più prestigiosi riconoscimenti in Brasile, che anche portò all’incisione di un album ad esso collegato. Mi trasferii dopo poco a Rio de Janeiro, dove sposai una carioca e decisi di fermarmi. Ebbi la possibilità di registrare molti album, anche con etichette indipendenti, continuando a suonare musica gaucha, del sud, molto simile alla musica argentina, milongas e tanghi di frontiera: buona musica.”

Nel periodo del Rinascimento le chitarre erano costruite con 4 paia di corde, chiamate «cori»; col Barocco le coppie arrivarono a 5, durante l’VIII secolo a 6, fin quando non si impiegarono corde singole. Da qui partì il desiderio di costruire chitarre a più corde, aggiunte per estendere la capacità dei bassi delle chitarre. “Cominciai a suonare una chitarra a 6 corde, e conobbi la 7 corde solo a 17 anni, nel 1997. Mi appassionai immediatamente. La 7 corde è uno strumento molto complesso, di origine russa, utilizzato solo da una minoranza di chitarristi.” Che la suona da soli 150 anni. L’invenzione è attribuita ad Andrei Sychra, per questo la chitarra era definita «russa», prima di giungere in Brasile, all’inizio del XX secolo, come chitarra con le corde d’acciaio. Lo stile della «baixaria» si sviluppò nel XX secolo con Dino 7 Cordas e Raphael Rabello. Negli anni 80 Luiz Otavio Braga aveva una versione con corde di nylon, poi divenuta lo standard dello choro. La 7 corde brasiliana è accordata come una chitarra classica, ma con un do in più sopra il mi basso (do-mi-la-re-sol-si-mi); alcuni accordano la settima in si o in la per avere maggiore estensione verso il basso, utile nel samba.

Quando è iniziata la tua carriera internazionale?
“Iniziai a suonare fuori dal Brasile sin dall’inizio, perché immediatamente andai a suonare in Europa. La mia famiglia è rimasta sempre nel Sud del Brasile, mentre io ho viaggiato moltissimo. Non solo: 4 anni e mezzo fa mi sono sposato una seconda volta con una francese che conobbi mentre suonavo a Parigi, negli Champs-Élysées, in una festa che si tenne proprio in mio onore. Lei stessa è una violinista e mi sta facendo conoscere la musica classica, propria della sua formazione.”

Noti differenze tra il pubblico sudamericano e quello europeo, spostandoti nel mondo?
“Noto soprattutto una cosa: il pubblico europeo è un pubblico culturalmente preparato. Il Brasile è un Paese molto allegro e giovane, ma che ancora ha difficoltà ad ascoltare musica strumentale. Eppure sta cambiando molto e crescendo in continuazione, e sono molto ottimista del fatto che presto le cose saranno diverse e la stessa musica strumentale potrà essere compresa in maniera più completa. Indubbiamente è Internet il volano di questo mutamento: la rete sta aiutando con forza questo processo che, sebbene non si verifichi con velocità visibile, procede senza interruzione.”

Nel 2012 sei atteso a New York e in molte altre città del Nord-America. Hai già maturato una tua percezione del pubblico statunitense?
“Non posso dare una definizione soggettiva degli ascoltatori americani perché è la mia prima esperienza negli Stati Uniri. Perciò non so ancora dare un giudizio, ne ho assai poca esperienza ma certamente avrò modo di esprimermi attraverso il mio tour che mi porterà, l’ultima settimana di aprile, da New York a Baltimore, Minneapolis, Austin e San Francisco.”

Non sei un musicista solitario, anzi, ti accompagni sempre con grandi artisti. Di quali progetti sei partecipe?
“Ne ho molti. La ‘Tocada a amizade’ ad esempio, è un progetto molto provocante ed animato, dinamico, in cui ho invitato Alessandro Kramer, Rogério Caetano e Luis Barcelos a suonare con me, un omaggio alla nostra amicizia e a parlare d’anore. Con il bassista Guto Wirtti è, invece, un incontro tra gaúchos: abbiamo le medesime influenze regionali, siamo amici e suoniamo milongas, tanghi, chamamés e choros. Ho suonato anche con Renato Borghetti ha rivisitato il folclore brasiliano utilizzando la Gaita Ponto, strumento simile alla fisarmonica diatonica ma che ha la caratteristica di avere «bottoni» al posto dei consueti tasti. Altri progetti sono quelli con Dominginhos, Rogerio Caetano, Hamilton de Holanda.”

Prima del tuo recente passaggio a Roma su chiamata dell’Ambasciata brasiliana, avevi già suonato in Italia?
“Ho suonato molte volte in Italia, e in lungo e in largo, isole compre. È un Paese che amo molto, che rientra nelle mie origini perché mia madre è figlia di veneti. Provengo dalla famiglia dei Revelato Marcun e sono cresciuto mangiando polenta e piatti tipici del Nord Italia. Entrambi i miei nonni materni sono italiani, mentre da parte paterna sono portoghese e dal Portogallo arriva il mio cognome Costa. Adoro il pubblico italiano ed è il Paese che preferisco in quanto ad arte culinaria. È molto diverso dagli alti Stati europei, molto latino e animato.”

Quali sono gli artisti italiani che scegli?
“Dei musicisti italiani amo Gabriele Tirabassi, un caro amico, e Stefano Bollani che ritengo un grande nusicista. Cito anche il sardo Antonello Salis e il trombettista Fabrizio Bosso. Ultimamente ho avuto occasione di suonare con un altro chitarrista delle 7 corde, Massimo Aureli, un bravissimo musicista.”

Ti ho visto improvvisare “Nuovo Cinema Paradiso” alla fine di una lunga notte di musica. Accanto a questa, se dovessi scegliere altri due brani italiani, quali sarebbero?
“Amo suonare ‘Nuovo Cinema Paradiso’, più in generale adoro il repertorio di Ennio Morricone. Poi suonerei un classico, ‘Estate’ (lo canticchia). Inoltre, grazie a mia moglie, mi sono avvicinato anche ai grandi della musica classica, pertanto aggiungerei indubbiamente anche una composizione di Giuseppe Verdi.

Io l’ho rinominato così: Yamandù Vale. (Romina Ciuffa)

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Tutto l’articolo sul cartaceo MUSIC IN 19 – RIOMA (link www.scribd.com/doc/76319921/MUSIC-IN-19-RIOMA)

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