THAÍS GULIN: IN ITALIA WALKING ON THE WILD SIDE

  • Rioma
  • 05/12/2016

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di ROMINA CIUFFATorna a Roma Thaís Gulin. Non ci riferiamo alla compagna di Chico Buarque, bensì all’ottima cantante ed autrice che, dal Paranà a Rio de Janeiro, ha conquistato, con classe, eleganza, definizione, sicurezza, bravura e portamento, le vette della MPB brasiliana. L’avevamo già vista a Roma dove l’aveva chiamata Max De Tomassi che anche questa volta la porta a cantare in Italia (la nostra intervista a Thaís: https://www.riomabrasil.com/thais-gulin-guarda-guarda-un-anti-samba/) con il suo “anti-samba”, e le avevamo preparato una pasta alla carbonara a casa mia in un “Sarau di Romina Ciuffa” (https://www.riomabrasil.com/sarau-thaisgulin/) dalle mani di Daniela Criscuolo e Iris D’Aurizio, l’ho accompagnata a conoscere il Moro, ristorante di Fontana de Trevi dove solevano riunirsi Chico Buarque e Vinícius de Moraes quando, a Roma, si incontravano e creavano musica ispirata.

Oggi lei è di nuovo qui, invitata dall’Ambasciata brasiliana a Roma, e ha l’occasione di conoscere il nuovo ambasciatore, l’appena insediato Antonio Patriota, al quale dice: “Me lo faccia dire Ambasciatore: il suo nome è perfetto per rappresentarci”. Così la Gulin si affaccia sul palco di Palazzo Pamphilj, che ospita a Piazza Navona la diplomazia verdeoro, in una sala gremita. E mi stupisce: già era brava, questa volta è anche meglio. Si sente: è cresciuta. Si vede: è cresciuta. Una tenuta perfetta, brani dal suo ultimo lavoro (alcuni già reperibili online), che sono ottimali sia nei testi che nelle musiche. Anche una poesia da lei musicata, quella di Paulo Leminski (1944-1989), estratta dal libro “La vie em close” (Editora Brasiliense, 1991), che canta a cappella, senza musicisti. Piace. Piace tutto di lei, le recensioni spontanee del pubblico sono buone e gli applausi ne danno atto.

Ed io la fotografo come si fotografa l’amata.

Il nuovo Ambasciatore verdeoro Antonio Patriota con la moglie ascoltan Thaís Gulin dalla prima fila

Il nuovo Ambasciatore verdeoro Antonio Patriota con la moglie ascoltan Thaís Gulin dalla prima fila

Di Curitiba, laureata in “Música Brasileira” nella Uni-Rio, a Paranà tifa per il Curitiba, quando è a Rio è Fluminense, preferisce giocare a calcio che seguirlo, beve una bicchiere di whisky prima di salire su un palco, crede nelle immensità. Questa è Thaís. E molto altro. Seguita dalle cronache rosa brasiliane per la sua relazione con il mito Buarque, in realtà la sua esperienza va molto oltre e supera anche il nepotismo per raggiungere vette più illuminate e semplici, quelle del canto e dell’amor musicale, più elevato di quello per un fidanzato (sebbene non si tratti di un fidanzato qualunque). E infatti di lei il LA Times Magazine scrive: “Thaís Gulin possesses a stunning voice in the grand style of brazilian singers and could break you heart from 50 paces”, e per Peter Margasak del Chicago Reader “production flourishes to really drive home the lovely melodies and Gulin’s terrific singing (…) the entire album is great”.

Dal suo repertorio precedente, che aveva portato nel suo precedente viaggio italiano, quello dell’album “ôÔÔôôÔôÔ”, obiettivamente si è allontanata per maturare ancora. Ha aggiunto l’elettronica nella bellissima “Baile de favela – Resposta” (Mariana Nolasco e Pedro Pascual, 2016) e diviene tutto più underground, tanto da replicare a modo suo la grande “Walk on the wild side” (Lou Reed, 1972), il mashup di “Cinema americano” (Rodrigo Bittencourt, 2009), finanche un rap – “Baby got back” (Sir Mix-a-Lot, 1992) -, successo americano degli anni 90. Il mix “Cinema big butts” è stato il single lanciato dalla Gulin nel 2013.

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Nessuno la perda, in questa sua viagem italiana. Approfittate delle occasioni utili per conoscere o riconoscere questa fiamma brasiliana dai capelli tra il rosso e l’arancione, dalla schiena scoperta, dal tatto di una falena, dal viso di una diva, dal cuore di una anti-diva. Lei che è semplice, ma complessa; interiore, ma spiccata; socievole, ma educata; timida, ma coraggiosa; ferma, ma mobile; dolce, ma forte; samba, ma anti-samba. C’è solo da dire ôÔÔôôÔôÔ (Romina Ciuffa)

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