ANIELLO AVELLA: L’IMPERATORE D. PEDRO II TRADUCE LA DIVINA COMMEDIA

  • Rioma
  • 15/09/2015

juri_aniellodi ANIELLO ANGELO AVELLA. È professore di Storia della cultura dei Paesi di lingua portoghese nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Roma Tor Vergata, oltre che responsabile scientifico della cattedra Agustina Bessa-Luís istituita presso la stessa Facoltà dall’Instituto Camões (Ministeri della cultura e degli affari esteri del Portogallo). È visiting professor nella Universidade do Estado do Rio de Janeiro (Uerj) e coordina gli accordi di cooperazione scientifica dell’Università di Roma Tor Vergata con le università brasiliane. Associato al Consiglio Nazionale delle Ricerche e fondatore dell’Associazione Eurolinguistica Sud, è socio della più antica istituzione culturale del Brasile, l’Instituto Histórico e Geográfico Brasileiro, fondato nel 1838.

Membro dei consigli scientifici e editoriali di riviste internazionali, ha ricevuto nel 2004 il prestigioso riconoscimento della Medaglia Tiradentes dall’Assemblea Legislativa dello Stato di Rio de Janeiro. È autore di numerose pubblicazioni nell’ambito delle relazioni culturali fra l’Italia e i Paesi di lingua portoghese, in particolare il Brasile.

Il 28 dicembre del 1889, poco più di un mese dopo il golpe che aveva abbattuto la monarchia in Brasile, i sovrani esiliati si trovavano nella città di Porto, alloggiati in un albergo del centro. Mentre «Dom» Pedro II era in visita alla Escola de Belas Artes, sua moglie, la napoletana Teresa Cristina di Borbone, morì all’improvviso per un attacco cardiaco. L’imperatore accorse subito al Grand Hotel, dove trovò la consorte ormai cadavere, e si ritirò in una stanza in lungo, assorto silenzio. Qualche ora dopo, ricevuta la notizia, il visconte di Ouro Preto, anch’egli esiliato, andò da lui insieme a suo figlio Antonio Celso e lo trovò profondamente abbattuto, con addosso un vecchio cappotto e in mano una edizione recente della Divina Commedia. Come racconta Ouro Preto, D. Pedro non parlò della moglie, solo indicò la camera mortuaria; quando Antonio Celso rientrò nella stanza per prendere il cappello che aveva dimenticato, vide l’imperatore che piangeva nascondendo il volto con le mani magre, pallide; le lacrime gli scorrevano fra le dita, scivolavano lungo la barba bianca, cadevano sulle strofe di Dante.

D. Pedro II

Si intuisce, da questo episodio, l’importanza del Divino Poeta nell’universo intellettuale ed umano del monarca, cui Victor Hugo aveva attribuito l’epiteto di «nipote di Marc’Aurelio». Insieme ai valori letterari, D. Pedro apprezzava in Dante la tensione morale, la passione civile, l’affermazione della politica intesa come missione. In altri termini, l’imperatore si rispecchiava nel poeta in quanto protagonista di una vicenda artistica e personale straordinaria, esempio sublime da cui trarre ispirazione. Tradurre la Commedia era, per lui che s’era cimentato con altri giganti della letteratura mondiale, non semplice esercizio di stile ma soddisfacimento d’una esigenza di carattere etico.

Nel contesto del Romanticismo, in cui all’uomo di lettere era affidata la missione di contribuire alla crescita culturale e civile della nazione, D. Pedro II fu il capofila di un gruppo d’intellettuali riuniti intorno all’Instituto histórico e geográfico brasileiro, impegnati nella costruzione e affermazione dell’identità nazionale. Vedendo in Dante il fondatore della lingua e civiltà italiana, era naturale che essi si avvicinassero alla sua Commedia con devozione religiosa e si cimentassero nel tradurla in portoghese,  in tutto o in parte. Nel caso di D. Pedro, il suo interesse per la cultura italiana sarà stato certamente amplificato dalla presenza di Teresa Cristina, portatrice di un importante patrimonio di classicità. La principessa napoletana aveva creato all’interno della Corte un circolo di artisti, pensatori, medici, artigiani provenienti dall’Italia, la cui influenza nella formazione della cultura brasiliana è ancora troppo poco conosciuta.

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Fra questi personaggi c’era il medico e botanico Luigi Vincenzo de Simoni, al quale fu affidato l’incarico di professore di lingua e letteratura italiana nel Colégio D. Pedro II, oltre che la funzione di insegnante delle principesse imperiali. Si deve a lui la pubblicazione, nel 1843, di una antologia di autori italiani in portoghese, «offerta a LL.MM. Imperiali D. Pedro II, Imperatore del Brasile, e Donna Teresa Cristina Maria, Imperatrice, Sua Augusta Consorte, in occasione del Suo felicissimo onomastico». Si tratta del «Ramalhete poético do parnaso italiano», che si apre con la traduzione di diversi passi della Divina Commedia, fra i quali brani degli episodi di Francesca da Rimini e del Conte Ugolino; proprio gli stessi che saranno poi tradotti integralmente dall’imperatore.

Nella ricorrenza dei 750 anni della nascita dell’Alighieri, il Museu Imperial di Petropolis, depositario dei manoscritti di D. Pedro, ha realizzato il 30 maggio scorso un evento commemorativo in collaborazione con il Consolato generale d’Italia e l’Istituto italiano di cultura di Rio de Janeiro. La manifestazione ha ricevuto l’adesione della Casa d’Italia Anita Garibaldi de Petrópolis e dell’Associazione di amicizia Italia-Brasile presieduta dall’onorevole Fabio Porta, insieme all’appoggio operativo del Grande Hotel della città serrana. Per il suo carattere altamente simbolico delle relazioni fra i due Paesi, è stata inserita nelle celebrazioni ufficiali del 2 giugno, festa della Repubblica italiana.

Dopo i saluti delle autorità presenti, ad iniziare dal console Riccardo Battisti, il direttore del Museu Imperial, Maurício Vicente Ferreira Jr, ha introdotto i lavori presentando il fondo italiano depositato nell’Archivio del Museu, in particolare le traduzioni di Dante ad opera dell’imperatore. In seguito, io stesso ho parlato dei rapporti fra Brasile e Italia nel Secondo Impero, collocando il lavoro letterario di D. Pedro nel contesto di una tradizione culturale e politica che affonda le sue radici già negli anni immediatamente successivi al 1500. Ho poi letto e commentato il Canto V tradotto in portoghese, mettendone in evidenza le caratteristiche di stile e di ritmo; per esempio, l’abilità del traduttore nel non semplice esercizio di mantenere la stessa rima dell’originale, la cosiddetta «terza rima», in cui il verso centrale di ogni terzetto controlla i versi marginali del terzetto successivo, rimando secondo lo schema ABA, BCB, CDC, ecc. Fra una lettura e l’altra, la cantante lirica Claudia Paladino e il pianista Pedro D’Avila hanno interpretato brani di autori brasiliani dell’Ottocento, dando voce alla parte musicale del Sarau.

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Dopo Dante Alighieri, s’è parlato di Alessandro Manzoni e della sua amicizia col sovrano del Brasile. Maurício Vicente si è soffermato sulla documentazione in possesso dell’Archivio del Museu, consistente nello scambio epistolare fra i due e nella traduzione di D. Pedro dell’ode «Il Cinque Maggio». Ho dunque ricordato che la corrispondenza ebbe inizio nel 1851, quando l’ancor giovanissimo regnante mandò un biglietto al già famoso poeta e scrittore per chiedergli «qualche strofa dell’immortale ode ‘Il Cinque Maggio’ scritta dalla mano dell’autore dei Promessi Sposi». Manzoni esaudì il desiderio, da quel momento iniziò la relazione intellettuale e di amicizia fra i due, destinata a durare fino alla morte del poeta.

È rimasto famoso l’episodio dell’incontro avvenuto nell’ottobre 1871. Da Venezia, dove era di passaggio, D. Pedro si recò a far visita a Manzoni nella sua residenza fuori Milano. «All’ombra amica degli alberi di Brusuglio», come dirà più tardi in una lettera, l’imperatore rivela al poeta che sta preparando una traduzione in portoghese dell’ode ‘Il Cinque Maggio’, ma il lavoro ancora non è completo, gli ultimi ritocchi saranno fatti nel corso dell’escursione in Oriente che sta per compiere insieme a sua moglie. Lusingato, il Gran Vecchio si profonde in ringraziamenti ma l’imperatore gli dice in perfetto italiano: «Sono io che mi onoro d’essere stato ricevuto qua. I secoli ricorderanno Alessandro Manzoni, mentre gli anni faranno sparire la memoria di D. Pedro de Alcântara».

Il Museu Imperial possiede la versione manoscritta della traduzione, con una nota dello stesso imperatore che indica la data in cui fu compiuta: il 5 novembre del 1871. Non è difficile comprendere le motivazioni che spingevano il monarca a fare quella traduzione. Fedele al principio secondo cui la storia è la più alta forma d’ispirazione, la poetica manzoniana assumeva «il vero per oggetto, l’utile per iscopo e l’interessante per mezzo». Lo stesso sentimento romantico animava D. Pedro, convinto sostenitore della funzione educatrice delle arti e delle scienze.

La parte conclusiva del Sarau è stata dedicata a Carlos Gomes, di cui è noto il forte legame con l’Italia, dove trascorse gran parte della vita e raggiunse la celebrità con la presentazione dell’opera Il Guarany al Teatro La Scala di Milano, nel 1870. Il musicista di Campinas fu certamente «un compositore di due mondi», come suona il titolo del progetto del quale ha parlato il direttore del Museu. Nell’Archivio dell’istituzione petropolitana esiste una raccolta di documenti a stampa, manoscritti e iconografici, di enorme importanza per gli studiosi dell’opera di Carlos Gomes e, più in generale, del contesto musicale della seconda metà del secolo XIX in Brasile e in Italia. Altre rilevanti collezioni e raccolte di documenti sulla vita dell’artista si trovano presso l’Instituto histórico e geográfico brasileiro, l’Arquivo Nacional, la Biblioteca Nacional.  Il progetto «Un compositore di due mondi» si prefigge lo scopo di collegare in un corpus organico il complesso dei documenti per creare una collezione da presentare come candidata al programma «Memory of the World» dell’Unesco.

giuseppe verdi

La candidatura potrà sicuramente contare sull’appoggio dell’Italia, ha detto quella sera il console Battisti, per ovvie ragioni.  Sulla scelta di mandare il musicista a studiare con Giuseppe Verdi invece che con Wagner, come avrebbe voluto D. Pedro, pesò il parere dell’imperatrice italiana, dotata di raffinata cultura musicale. Carlos Gomes, che già s’era formato al conservatorio di Rio de Janeiro sotto la guida del maestro Goiacchino Giannini, produsse a Milano numerose composizioni in cui si incrociano temi e istanze delle due tradizioni artistiche: Fosca, O Escravo, Salvator Rosa, Condor, Maria Tudor,  Colombo. Egli rappresenta una delle principali figure-ponte fra Brasile e Italia, nel solco di un legame derivante da quella che Sérgio Buarque de Holanda ha definito «affinità essenziale e ineluttabile».

Nell’evento del 30 maggio a Petrópolis si è celebrato il matrimonio della poesia italiana con la musica brasiliana. Il Sarau è stato un  banchetto all’insegna dell’amicizia, dove la deglutizione dei rispettivi ingredienti culturali ha prodotto alcuni dei suoi frutti migliori. In questo senso e con questo spirito la manifestazione è stata inserita nel programma ufficiale dell’Esposizione Universale di Milano 2015; e ancora a Milano, nel prossimo mese di ottobre, sarà probabilmente annunciata la candidatura al programma «Memory of the World» del progetto «Carlos Gomes: um compositor de dois mundos».

avella

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