Devo, dobbiamo, assolutamente capire questa mossa. Capire perché Gilberto Gil chieda dai 35 ai 53 euro, praticamente una supplica, un “sono povero” o, alternativamente, “sono ricco”, l’immunità perché si ascolti dal vivo il suo nuovo album, dedicato all’altro Gilberto, João, da cui (ne deduco) il nome “Gilbertos Samba”, all’Auditorium della Conciliazione di Roma, che del samba non sa nulla, con zampini dell’agenzia Ventidieci e dell’Ambasciata del Brasile a Roma. Non a caso, si chiama “Solo Tour”, un tour da solo. Solita politica antipopolare ed elitaria (l’Ambasciata è popolare solo per eventi che coinvolgano società e sponsor, come nel recente “Il Brasile ti chiama”, del 7 e 8 ottobre, trovata per inserire espositori e sponsor), ma è anche vero che in Brasile il costo di Gil è a volte superiore. La differenza è che vi sono molte più occasioni per guardare un suo concerto e ciò può spostare il target élite-popolo-élite-popolo in maniera oscillante e distinta, dando la possibilità ad altri di assistere all’esibizione. Con la quale, peraltro, non ci sta chiedendo di comprare il suo nuovo disco?
In Italia intanto si è costretti a leggere i pastoni di tutti quei giornalisti che oggi scrivono qua e là di Gil perché: si tratta di Gil, si tratta di un evento proveniente dall’Ambasciata, si tratta di un evento iperpromosso; e a rileggere la sua storia scodellata senza aggiungere nulla di nuovo alla sua ballata vitale, a quell’estro innovativo che sempre lo ha contraddistinto, al suo essere gillico. Un’intervista, nuove interpretazioni, la lettura del suo nuovo album: nessuno lo sa fare (peraltro, l’album è inviato alle redazioni per le recensioni? Dovranno scaricarlo da sé, con molta probabilità) perché Gil in Italia non lo conosce nessuno intimamente, il Brasile c’è solo nella forma e a parlare di Mondiali sono bravi tutti. Piuttosto indicando, in quelli che sono quasi dei coccodrilli giornalistici, che Gil è “bahiano” (con l’h) e che – cosa per gli italiani più interessante della musica – è stato in carcere. Infine, cartellonistica simile a quella di uno spot elettorale, investimenti di grande calibro per questo concerto posto a carico dello stesso pubblico (di 1800 è la capienza dell’Auditorium in questione) in un’ottica commerciale non questionabile, perché perfetta. Non trovo menzione di progetti di beneficienza, posso sbagliare. Non sarebbero comunque giustificati dalle spese sostenute per la promozione.
Sic: per Gil dai 35 ai 53 euro.
- Un rivoluzionario innanzitutto, dunque dalla parte “terrestre”, del popolo, salvo non voler rinnegare la storia.
- Un carcerato. Il suo Tropicalismo (suo e di Caetano Veloso) lo spedirono, sotto regime, dritto in galera, poi in esilio. Quale carcerato (a parte rubare) farebbe una cosa del genere, 53 euro un biglietto?
- Un “Premio Italia nel mondo 2005”, l’11 dicembre 2005, riconoscimento destinato a personalità del mondo della cultura, dell’arte, dello sport e dell’impresa che, con la loro attività, hanno onorato l’immagine dell’Italia nel mondo, perché, “oltre ad essere un artista di rara sensibilità, famoso e amato in tutto il mondo, si è anche rivelato un abile e apprezzato politico”. E che, sempre a proposito di Italia, canta in “Canzoni”, ultimo album di Chiara Civello, un nostro brano sacro, “Io che non vivo senza te” (Pino Donaggio).
- Un ministro della Cultura. Già con il presidente Luiz Inácio Lula da Silva, a capo della cultura del proprio Paese. Un capo di cultura e della Cultura dovrebbe conoscere gli sforzi per far circolare la cultura, per l’appunto (la ripetizione è necessaria), soprattutto in quei Paesi che si trovano in crisi e faticano ad arrivare a fine mese. Ma che continuano ad essere mossi, a volte esclusivamente, da certe passioni, da certi languori come la musica, e come Gil, in grado di cancellare per un momento il debito con Equitalia.
- Un baiano, ossia facente parte di un popolo che è per la gente e della gente, che si caratterizza per una forte dote di popolarismo e rispetto per gli altri.
- Un nero, che a Bahia può voler dire discendente di schiavi, facente parte di un gruppo etnico ben specifico, sfruttato. Gil, novello Michael Jackson, pienamente accettato e amato dall’Europa intera, cantato e mitizzato, non ha modo di confondersi: sa cosa vuol dire redimere un passato di schiavitù in un nuovo mondo di ricchezze per tutti, dove lo sfruttamento non è necessario.
Devo capire perché uno che ha scritto: “Ho pena di chi piange, ho pena di chi soffre” (“Tenho pena de quem chora”); che ha scritto: “Vengo da Bahia per dire come si fa a vivere dove la gente non ha da mangiare ma di fame non muore” (“Vim da Bahia”); che ha scritto: “Una lattina esiste per contenere qualcosa, ma quando il poeta dice lattina potrebbe voler dire l’incontenibile” (“Metáfora”); che ha scritto “Salgo su questo palco, la mia anima sa di talco” (“Palco”); e molto altro,
ecco, devo capire perché a Roma, dove tutti lo attendono esperando na janela (romana è anche la cantante che lo ha accolto nel suo disco), sale su un palco (borotalco o no, l’anima dov’è?) e chiede dai 35 ai 53 euro.
Poi mi ricordo che ha scritto anche “Super-Homen”.
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