La prima intervista una volta nominato l’ha voluta rilasciare a Romina Ciuffa. «Cerco un Paese innocente», scriveva Giuseppe Ungaretti nella poesia «Girovago». Oggi arriva a Roma uno spagnolo nato a Città del Messico, José Ramon Dosal Noriega. Succede a Carlo Fuortes (dal 21 dicembre 2013 sovrintendente della Fondazione Teatro dell’Opera di Roma Capitale) e si predispone alla guida dell’Auditorium Parco della Musica: è lui il nuovo amministratore delegato della Fondazione Musica per Roma, realtà giuridica nata il 19 luglio 2004 nel passaggio dall’originaria forma di società per azioni con la quale venne istituita nel 1999, in effetti la prima grande trasformazione di una spa in Fondazione consentita dalla riforma del nuovo diritto societario. Quattro i soci fondatori: il Comune di Roma, che ha conferito in concessione d’uso per 99 anni l’immobile Auditorium alla Fondazione, la Camera di Commercio, la Provincia di Roma e la Regione Lazio.
Per Statuto il presidente è nominato dal sindaco di Roma, dura in carica quattro anni, può essere confermato; il vicepresidente è nominato dalla Cciaa. Il Consiglio di amministrazione è oggi composto da soli 5 membri, compresi il presidente ed il vicepresidente, nominati tre dal sindaco, uno dalla Cciaa, uno dalla Regione Lazio. Una riduzione, quella da 16 a 5 membri, che non ha mancato di suscitare polemiche: il 14 agosto è infatti entrata in vigore la legge n. 125 approvata il 6 agosto, convertendo il decreto legge n. 78 del 2015 in materia di enti territoriali e obbligando il brusco taglio dei consiglieri di amministrazione, senza che l’allora sindaco di Roma Ignazio Marino, in partenza per gli Usa, firmasse tempestivamente l’ordinanza sindacale a conferma delle 16 nomine indicate il 10 agosto. Fuori così, dal Consiglio di amministrazione musical-romano, tra gli altri, Luigi Abete, Gianni Letta, Giovanni Malagò, Paola Santarelli, Sabrina Florio, Umberto Croppi, Nicola Maccanico.
Restano, con Dosal Noriega, il presidente Aurelio Regina (azionista alla guida di Manifatture Sigaro Toscano) e la consigliera Azzurra Caltagirone (presidente della Fgc spa e vicepresidente della Caltagirone Editore spa), nomi indicati dal Comune di Roma; Lavinia Biagiotti Cigna (vicepresidente del Gruppo Biagiotti), nominata vicepresidente dalla Camera di Commercio; e il consigliere Valter Mainetti (amministratore delegato e azionista di riferimento di Sorgente Group), quale rappresentante della Regione Lazio in seno alla Fondazione.
Oltre ad essi per statuto, il presidente della Fondazione Accademia Nazionale di Santa Cecilia partecipa alle sedute del Consiglio di amministrazione quale invitato permanente senza diritto di voto: è Michele Dall’Ongaro (qui sotto nella foto con Dosal Noriega). Nell’Auditorium ha infatti trovato la propria casa Santa Cecilia, una delle più antiche istituzioni musicali nel mondo, fondata ufficialmente nel 1585: la sala omonima, che all’interno dell’Auditorium ospita la sua stagione sinfonica, è tra le più grandi sale da concerto europee.
La nomina dell’amministratore delegato è il frutto dell’emissione di un bando internazionale; presente nella rosa dei cinque finalisti, Dosal Noriega è stato eletto dal Consiglio di amministrazione a norma di statuto. Allora il sindaco capitolino, che compiva uno degli ultimi atti del proprio mandato, l’accoglieva sottolineando come l’ingresso del manager spagnolo, scelto tra personalità importanti e prestigiose riconosciute in tutto il mondo, fosse «un’innovazione nel segno della trasparenza e della qualità, della competenza e delle capacità professionali». Il Paese «innocente» di Ungaretti?
Quel Paese ungarettiano è, per Dosal Noriega, proprio il nostro, sebbene stenterebbe a crederlo un italiano. Secondo lo spagnolo, «il problema è che la gente di Roma non sa quello che ha, ma fuori si sa che cos’è l’Auditorium e si sa quello che è Roma». Si sente a casa, dopo aver velocemente studiato l’italiano e meno velocemente imparato tutto ciò che ci fosse da sapere sull’Auditorium e l’Italia per vincere la gara: «Siamo a casa nostra. Tutti siamo a casa, qui all’Auditorium, perché questa è la casa di tutti: è della musica, della cultura, dell’arte, di Roma. Della vecchia Roma, non la città conosciuta ma la capitale dell’Impero, dove sono nati cultura, diritto, giustizia».
Una lunga esperienza, quella del nuovo amministratore delegato, riconosciutagli nell’ambito di una gara dalle caratteristiche internazionali nella quale si è confrontato con ben 140 manager che, come lui, hanno presentato la candidatura a guidare una delle istituzioni culturali più prestigiose in Italia e, per la proprietà transitiva, nel mondo. Una cosa “non all’italiana”, vien subito da pensare. Arrivare a Roma non è stato facile. Chi è, allora, questo straniero? Dosal Noriega si è occupato della direzione e organizzazione di spettacoli musicali e di danza per importanti teatri in Spagna e in Argentina: il Lope de Vega di Madrid, il Coliseo di Buenos Aires, il Barcelona Teatre Musical. Dal 2003, è l’amministratore delegato della Producciones Renacimiento, specializzata nella produzione di grandi concerti musicali, spettacoli teatrali, appuntamenti sportivi, eventi per imprese e istituzioni; nella commercializzazione di diritti di ogni tipo (sponsorizzazione, marketing, autore, tv, immagine); nella creazione ed attuazione di campagne pubblicitarie. Dal 2005 al 2007 è stato direttore generale della Madrid Deportes y Espectàculos, concessionaria della gestione del Palazzo dello Sport della Regione Madrid, e dal 2001 al 2003 amministratore delegato e direttore generale della Corporaciòn Interamericana de Entretenimiento.
Ora, a Roma. La situazione al suo arrivo è quella fotografata nel bilancio 2014, in positivo per il dodicesimo anno consecutivo: un utile prima delle imposte pari a 39.147 euro, un margine operativo lordo di 557.590 euro. Nel corso del 2014, all’interno dell’Auditorium sono stati realizzati dalla sola Fondazione Musica per Roma 589 eventi, di cui 564 di natura culturale e 25 di natura congressuale. Agli eventi proposti da Musica per Roma hanno partecipato 613.126 spettatori (erano 612.851 l’anno precedente); gli spettatori di appuntamenti soggetti a Siae sono risultati 341.974 (+4,22 rispetto al 2013), i partecipanti a mostre, festival e altri eventi culturali sono stati oltre 271 mila. Gli incassi della biglietteria risultano pari a 5.276.940 euro.
Domanda. Benvenuto a Roma, benvenuto all’Auditorium. Cosa significa per lei essere qui?
Risposta. È stato come se Santa Cecilia mi chiamasse a dirigere l’orchestra: questa è la massima ispirazione di un gestore culturale. In questo Auditorium c’è un’identità unica, prima di tutto per essere progetto di Renzo Piano, quindi per la maniera in cui esso è stato costruito e la disposizione tecnica delle sue sale, infine per tutta l’attività che è ospitata in questi ambienti. A Roma non si sa ciò che si ha, fuori sì. È veramente un onore e un orgoglio per me aver partecipato a questa gara in un processo chiaro e trasparente: ho compiuto uno sforzo immenso per superare centinaia di candidati che, come me, aspiravano a gestire questo Auditorium.
D. Come si è svolta la gara che l’ha portata a Roma?
R. È stata difficilissima, i candidati arrivavano da tutto il mondo e ho dovuto studiare davvero tantissimo. Ho prima presentato la domanda via internet, mi è stata notificata la ricezione del curriculum e, dopo la prima scrematura, si è svolto un primo incontro su Skype, e a seguire un incontro conoscitivo: un colloquio di lavoro vero e proprio che si è svolto a Roma e si è trasformato in un esame di finanza dalla durata di 4 ore. Mi hanno praticamente osservato dalla testa ai piedi, come vestivo e come parlavo. Siamo rimasti in 5 e questa rosa di finalisti è stata data al Comune di Roma, che poi ha fatto la scelta. Il 15 giugno 2015 ho ricevuto la chiamata del sindaco di Roma in persona che mi comunicava la vittoria: è stata la telefonata più bella della mia vita, il momento più importante della mia carriera professionale. È questa la massima ispirazione di un gestore culturale.
D. Quale è stato il primo impatto nel momento del suo insediamento effettivo?
R. Quello che ho notato qui è la presenza di una bellissima squadra, ho trovato personale con un grado di professionalità elevatissimo e un modello di gestione impeccabile. Devo ringraziare il mio predecessore Fuortes per aver lasciato una tavola ben disposta. La linea editoriale che ho incontrato è quella giusta per un’istituzione del genere.
D. Cosa farà per noi? In che modo proseguirà o cambierà l’opera di Fuortes e del precedente consiglio di amministrazione?
R. Il mio apporto sarà diretto in 5 punti fondamentali. Il primo va in direzione di un equilibrio tra parte commerciale e parte culturale: tutti sappiamo che la cultura è cara e che un contenuto di tipo commerciale è più facile da impiegare dal punto di vista finanziario, e ciò rileva il ruolo che ha la cultura nell’equilibrio e nel supporto all’economia di una città e di un Paese. Il secondo punto è quello della redditività: dobbiamo compiere un grande sforzo verso il dimensionamento dell’attività, generare un’offerta editoriale interessante in grado di attirare qui un pubblico lieto di scambiare il proprio denaro con contenuti culturali di alto livello. Come terzo punto, avvicineremo l’Auditorium a Roma. Ho notato che la gente lo ama, ma non basta: dobbiamo renderlo di tutti. Questa è anche la ragione per cui abbiamo fatto una pista del ghiaccio ed una programmazione vicina alla gente: bisogna dare un senso di appartenenza dell’Auditorium. Come quarto punto, ci impegneremo fortemente ad accompagnare ogni tipo di attività capitolina, anche sportiva, culturale e della moda: l’Auditorium deve essere lo specchio di tutte le attività che si svolgono a Roma, non solo quelle musicali ed artistiche. La settimana della moda romana, ad esempio, dovrà avere nell’Auditorium uno specchio, che noi dobbiamo preparare nell’ambito di una linea editoriale che si unisca ai nostri più consueti contenuti di intrattenimento. La moda non è arte, non è cultura? E la cultura, a mio avviso, è la congiunzione tra esperienza ed anima, che offre la possibilità di sfruttare i personali gusti e le emozioni. Il quinto punto è quello dell’internazionalizzazione: tutto il mio impegno sarà profilato verso una proiezione internazionale del contenuto editoriale, che dovrà essere universale. La cultura non richiede passaporto.
D. La sua è stata una carriera molto complessa, che l’ha vista muoversi per il mondo ricoprendo incarichi sempre molto impegnativi. Dall’occhio della sua significativa esperienza internazionale – Buenos Aires, Madrid, Barcellona, Città del Messico – cosa vede eccellere in Roma?
R. Una cosa importantissima che posso definire in due parole: profondità e concetto, che costituiscono il vero valore aggiunto della cultura italiana a 360 gradi. Un esempio: Santa Cecilia, con più di un secolo di storia, rappresenta la musica classica e ne è la custode, e la cultura italiana costituisce la culla in cui è nato tutto e da cui tutto è partito, che ha influenzato il mondo intero distinguendosi per la profondità, la verità e la varietà. L’Opera è nata qui, ed è un mio impegno rispettare questo e, come sarà mio impegno, diffondere ancora di più le attività dell’Auditorium facendo comunicazione in ambito internazionale. A questo proposito stiamo parlando con il Conaculta, Consejo Nacional para la Cultura y las Artes de México, e con la Spagna per un interscambio di contenuti. Per dar seguito al quinto punto della mia gestione porterò avanti questi e altri scambi culturali.
D. Il taglio dei consiglieri che c’è stato, quindi il ritorno a cinque, ha prodotto molte polemiche, anche in ragione del fatto che il sindaco uscente potesse essere responsabile di non aver agito tempestivamente rispetto alla legge con una ordinanza di nomina. Cosa ne pensa?
R. In generale bisogna guardare alle cose da una prospettiva pratica: innanzitutto penso che un Consiglio formato da cinque persone sia più maneggevole, quindi va benissimo così. Ma non posso dire se in futuro sarà meglio o peggio l’aver modificato l’idea di avere in esso molte persone di elevata rilevanza nel panorama culturale italiano. Adesso posso solo affermare che mi impegnerò al massimo per stabilire una relazione con esse, perché il progetto che abbiamo è importante e quindi ho bisogno di tutto il supporto possibile. Dal punto di vista tecnico-giuridico la mia opinione non è importante, quello che penso è che necessitiamo di tutto questo talento e forza per prendere il cammino della redditività.
D. Come saranno coinvolti in questo i privati?
R. Questa è l’eterna battaglia: dobbiamo fare cultura senza redditività o dobbiamo invitare i privati? La cultura è cultura, non è né privata né pubblica. Posso promettere che i privati avranno un coinvolgimento molto significativo, perché dobbiamo trasformare i finanziamenti privati in cultura, sempre rispettando il principio di indipendenza finanziaria, di autonomia e di rispetto della linea editoriale dell’Auditorium.
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Anche su Specchio Economico – Gennaio 2016
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