AFFRONTARE LE PATOLOGIE CON PAIXÃO

  • Rioma
  • 02/06/2014

di ROMINA CIUFFA > Cosa c’è di patologico in un Festival che affronta la disabilità con Paixão e Felicidade?

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La fortuna di assistere al primo concerto in cui due grandi amici (e grandi non si riferisce solo al livello del loro affetto reciproco) suonano dopo tanti anni insieme è “grande” anch’essa. Lo dice Roberto Gatto: “Io e Alfredo ci conosciamo da sempre, ma questa è la prima volta che ci troviamo in formazione insieme”. Si riferisce ad Alfredo Paixão, carioca, bassista e cantante (il primo strumento fu, però, il flauto traverso). In effetti è un momento quasi storico per il jazz italiano e per il genere brasiliano importato dal Bel Paese. Insieme a loro, non va dimenticato, Ettore Carucci, altro bel nome sebbene meno conosciuto (ciò non toglie la competenza ad accompagnare il duo più forte), due mani pianistiche di ineccepibile jazzismo, tarantino che giunge a Roma al Teatro Patologico per aiutare i due melodicamente, dando due grandi mani al jazz internazionale e alla musica brasiliana scelta nel repertorio del 1° giugno, giorno che il direttore artistico Giuseppe Palazzo sceglie per questa prima assoluta.

Il Teatro Patologico, va assolutamente detto, è una realtà estremamente speciale nel panorama romano, e italiano: si occupa di creare un punto di contatto tra il teatro e il mondo della malattia mentale, per ragazzi con gravi problemi psichici. Attualmente è attiva una Scuola di Formazione Teatrale per ragazzi diversamente abili, alla quale si affiancano altre iniziative e progetti. A questi va parte del ricavato delle serate del Festival “Riflessioni di un Viaggiat(t)ore – Il viaggio è nella testa” che trova spazio in quattro domeniche di filato e vede protagonisti Africa e Brasile, oggi Paixão, domenica 8 giugno Felicidade (Suzy): ossia, già i nomi sono tutto un programma.

L’Associazione del Teatro Patologico nasce nel 1992 diretta dal fondatore e ideatore Dario D’Ambrosi che spiega le difficoltà nel ricostruire questo spazio. Infatti, dallo stesso anno comincia un lavoro unico ed universale, quello di trovare un contatto tra il teatro e un ambiente dove si lavora sulla malattia mentale, dove girano ragazzi con gravi problemi psichici. Dalla sua fondazione ad oggi l’Associazione ha messo in atto vari laboratori di sperimentazione teatrale con ragazzi diversamente abili , ottenendo ottimi risultati. L’intento principale è stato quello di stimolare la libertà creativa dei ragazzi senza influenzare didatticamente la loro fantasia e la loro sensibilità. Si sono forniti loro i mezzi, teorici e pratici, per esprimersi attraverso il teatro, permettendo ad ognuno di trovare il proprio spazio nel campo teatrale (scrittura, recitazione, creazione dei costumi o delle scenografie, musica, ecc.). Fondamentale per la perfetta riuscita del progetto è stata l’interazione tra docenti, allievi e operatori sociali (i quali sono stati coinvolti nelle attività del corso). I laboratori non rappresentano una forma di terapia a cui i ragazzi vengono sottoposti, ma una fantastica possibilità di espressione artistica ed emotiva, un luogo di aggregazione e di formazione entusiasmante in cui giocare e divertirsi sul serio, in cui i ragazzi disabili diventano finalmente i protagonisti. Grazie alle potenzialità che il teatro offre, il lavoro dell’Associazione ha portato a trovare quella sottile linea di confine tra comportamento normale e comportamento deviante; si sono incontrati artisti, operatori psichiatrici, malati di mente, normali spettatori, senza che questo sia significato un ritorno al manicomio. Dario D’Ambrosi, uno dei maggiori artisti d’avanguardia italiani, è il direttore artistico di questa incredibile realtà: sutore, regista e attore, porta avanti da oltre trent’anni la sua personale ricerca sulla follia sviluppando trasposizioni teatrali tra le più interessanti della scena italiana e internazionale.

È allora perfetto il Patologico per iniziare un nuovo capitolo personale della vita di grandi artisti: Paixão, Gatto e Carucci insieme, dedicati a una causa che è grande persino più di loro (e ce ne vuole). Alfredo Paixão porta nei palchi in legno del Patologico una lunga esperienza: nel 1974, a soli 12 anni, si diploma in chitarra classica presso la scuola di musica di Brasília, inserendosi subito nell’ambiente della musica popolare brasiliana e accompagnando per molti anni il padre, noto sassofonista. All’epoca i suoi punti di riferimento si chiamavano: Elis Regina, Cesar Camargo Mariano, Francis Hime, Dori Caymmi, Ivan Lins. Le sue radici affondano nei ritmi tradizionali: suo zio è Moacir Santos, uno dei più grandi maestri della musica popolare brasiliana, che gli ha insegnato a leggere le note. Negli Stati Uniti, però, Paixão approfondisce la sua formazione musicale e professionale («non ho mai contemplato opzioni lavorative diverse dalla musica») frequentando lezioni private da Bunny Brunnel e Mick Goodrick. È vincitore di numerosi Grammy Awards e le sue collaborazioni lo hanno visto al fianco di Julio Iglesias, Ricky Martin, Liza Minelli, Henry Salvador, Justo Almario, Alex Acuna (Caldera), Joe Heredia, Eddie del Barrio Alejandro Sanz, Laura Pausini, Pino Daniele (12 album registrati con lui), Fiorella Mannoia (di cui è bassista e arrangiatore).

Roberto Gatto, invece: ha una voce Wikipedia dedicata. Sic: “Esordisce nel 1975 con il Trio di Roma insieme a Danilo Rea ed Enzo Pietropaoli. Ha poi collaborato con moltissimi musicisti, tra i quali si possono ricordare: Mina, Teresa De Sio, Lucio Dalla, Pino Daniele, Ornella Vanoni, Gino Paoli, Ivano Fossati, Riccardo Cocciante, Sergio Caputo, Gilberto Gil, Riz Ortolani, Ennio Morricone, Domenico Garzone (Mimmo Magic). In ambito più strettamente jazzistico vanno citati i suoi lavori con alcuni nomi del calibro di Luca Flores, George Coleman, Enrico Pieranunzi, Lanfranco Malaguti, Chet Baker, John Scofield, John Abercrombie, Billy Cobham, Richard Galliano, Joe Zawinul, Pat Metheny. Ha inoltre ricevuto vari riconoscimenti come miglior batterista italiano, nel 1983 dal mensile “Fare musica”, nel 1991 e nel 1992 da “Guitar club”, e nel 1993 dalla rivista “Percussioni”. Oltre alla composizione di colonne sonore con Maurizio Giammarco per Nudo di donna di Nino Manfredi e con Battista Lena per Mignon è partita, Verso sera e Il grande cocomero di Francesca Archibugi, si segnala la sua intensa attività concertistica che lo ha spinto a suonare a ben dieci edizioni dell’Umbria Jazz Festival e a tenere concerti in celebri teatri come l’Olympia di Parigi per il Paris Jazz Festival, al Berklee School Auditorium di Boston e al Blue Note Jazz Club di New York. Nel 1997 il direttore Laurent Cugny della francese Orchestre National de Jazz lo chiama per un tour in Francia ed alcune date in Italia. Ultimamente si dedica all’attività solistica e suona spesso con la formazione del trombettista Enrico Rava. Il 30 aprile 2008 il Gruppo l’Espresso pubblica il disco Omaggio al Progressive Rock, registrazione di un concerto tenuto alla Casa del Jazz di Roma il 7 aprile dello stesso anno.”

Le biografie parlano da sole. Ora c’è da chiedersi: cosa c’è di patologico in un Festival che affronta la disabilità con Paixão e Felicidade?

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